Venerdì 15 maggio è scomparso il grandissimo musicista e compositore torinese Ezio Bosso. Contemporaryart Torino Piemonte lo ricorda nella video intervista realizzata da Marco Aruga.
Sapeva leggere la musica prima dell’alfabeto, certo qualcosa di importante voleva dire: per esempio che il suo alfabeto non era quello più comune, e la sua prima lingua era quindi quella eterea — ma solida nella mente e nei sentimenti — dell’arte dei suoni.
Una lettura così certa delle intenzioni e della vocazione musicale di Ezio Bosso è arbitraria, ma certo non avulsa dal destino di questo musicista, che si è mosso all’unisono con questa passione, tanto da considerarsi un suo servitore. Un amore così intenso e variegato che lo ha portato — precoce talento, rigoroso studente, poi affermato musicista a tutto tondo — alle più prestigiose sale da concerto internazionali, in veste di interprete, compositore e direttore d’orchestra, oltre che a misurarsi con il particolare mondo delle colonne sonore, prestando la sua opera per vestire quella di Gabriele Salvatores (di cui ha curato le musiche per “Il Ragazzo Invisibile”, “Quo Vadis?” e “Io non ho paura”) ed ancora lavorando per il teatro e per la danza.
Pur nel trasporto che si riconosce in una carriera così ampia e multiforme, ci sono degli elementi che lasciano intuire invece una misura ed una discrezione di fondo, e quindi una precisa focalizzazione sul cuore della sua attività, distillato con consapevolezza. Bosso giunge ad incidere il suo primo disco di piano solo dopo molti anni di carriera — quando gli elementi che lo convincono a questo passo vanno “al loro posto” e si crea l’opportunità — ed i sodalizi artistici che costruisce, quali quelli ad esempio con Mario Brunello o lo stesso Salvatores, nascono anche sulla base di un intenso scambio personale.
Dell’arte della musica Bosso sottolineava la sua importanza, la sua capacità di diventare “tempo condiviso”, quindi ricco, partecipato, tale da cambiare natura al tempo stesso. Ed il fatto di rappresentare un dialogo, un’opportunità di ascolto reciproco, tra coloro che si trovano ad attraversare le sue “stanze”, la rende ancora più preziosa.
Palazzo Barolo a Torino, che accoglie il Blüthner Gran Coda donato dallo stesso Bosso, e dove hanno risuonato quindi le note della sua musica, sono state anche la sede di una residenza artistica che ha aperto le porte al pubblico, un “fare musica insieme” (dal nome dell’iniziativa) che ha significato — per chi vi ha partecipato — provare insieme ad Ezio Bosso un programma musicale, sottoporre una composizione personale, fare domande e scambiarsi opinioni sulla musica e su quanto e come la musica coinvolgesse quanti la frequentassero, nel modo per ognuno più proprio.
Perché se la musica da un lato costringe ad astrarsi ed andare oltre la propria dimensione, da un altro certamente porta a condividere esperienze che, “sotto le sue stelle”, ne vedono esaltate naturalmente il valore culturale e sociale, quindi politico. Perché l’arte e la bellezza sono un modo di riscatto della condizione umana, ma tanto più efficacemente quanto più sono condivise.
“La musica è un bisogno primario, come l’acqua… Ci ricorda che siamo nati per stare insieme”. Ezio Bosso, pura energia.