Video Intervista a Odile Decq a cura di Marco Aruga

Odile Decq – Il rosso e il nero

ARTSCAPES # 30 – FILES – a cura di Marco Aruga

Un tratto distintivo, come la voce o un profilo, sono i segni esteriori più forti ai quali agganciamo i nostri fili della memoria, utili a fornirle strumenti e coordinate, per riconoscerci tra mille.

Nel mondo delle immagini e dell’immaginazione, sono i segni ricorrenti a creare i cortocircuiti mentali, i déjà vu che fanno scattare la corda simpatica, la curiosità e la familiarità con un linguaggio.

Volontariamente o meno, ognuno di noi costruisce intorno a sé una “nuvola semiotica” che contribuisce a definirci, non meno della propria fisicità e del nostro muoverci e parlare.
Coloro che per lavoro, per espressione propria o per necessità usano in misura maggiore questi mezzi, si trovano a confrontarsi con l’efficacia dell’apparato messo in moto.

Per Odile Decq scegliere che a far parte di questa “nuvola” siano in maniera incisiva due colori come il rosso ed il nero – sono i colori che caratterizzano spesso le sue opere, sia architettoniche che artistiche, ma anche la persona Odile che si mostra al mondo – potrebbe voler dire sia declamare forte il proprio segno, che trovarvi rifugio, in una mimesi ristoratrice.
Per l’architetto francese penso voglia dire entrambe le cose, e quindi all’occorrenza siano mezzi da usare con energia, o per discrezione.

Un colore primario ed un non colore/tutti i colori insieme, Yin e Yang, dall’assoluto all’assoluto passando per la fisicità, nessuna contrapposizione nell’universo visivo è forse più dibattuta, quasi fossero alfa e omega di entità più vaste. Sono due segni forti di un alfabeto visivo – quello della Decq – che non li ha ridotti ad elementi iconici, ma li ha usati come elementi espressivi. Lungi dal voler sopravvalutare questa ricorrenza, sono però un segnale, sono i colori della vita e dei suoi contrasti, ed una indicazione dell’immedesimazione dell’architetto con il suo lavoro. “Per me il cuore rosso è la vita, l’arte è tale se ha vita”, “Il nero, secondo me, è un colore neutro come il bianco. Ma è più forte, più stimolante. (…) Il rosso, invece, suggerisce l’energia e la vita”.

La sua architettura non lascia mai indifferente, ha una costante grande forza attrattiva, ed è di volta in volta sorprendente ed intrigante, ma contraddistinta soprattutto da una carica utopica che riconosciamo agli architetti in grado di lasciare un segno nel mondo contemporaneo.
Dai colori più emotivi, squadernati a rincorrersi nei suoi progetti, mutua una disposizione d’animo passionale, ed una scala di valori manifesta che privilegia attenzione all’impatto del suo lavoro sulla gente, nei cui occhi e nelle cui sensazioni cerca di trovare rispondenza, e rivendica – sottolineando il valore sociale dell’azione del costruire – l’importanza e le responsabilità ad esso connesse.

È lì che si trova la chiave di volta, nell’aspetto sociale, che è così forte in una disciplina quale l’architettura: attraversa con passo deciso la vita quotidiana delle persone, fino a segnarne il comportamento, le reazioni, la vita, ed è un fatto di cui Odile Decq è profondamente consapevole.

Refrattaria alla catalogazione ad “archistar” (secondo classificazione e semplificazione mediatica inclusa tra quegli architetti che, volenti o nolenti, fanno parlare di sè in modo che sia vendibile), la Decq – pur in un flusso di riconoscimenti che sta costellando la sua carriera (Legion d’Onore, Leone d’oro alla Biennale di Architettura di Venezia con lo studio ODBC, Prix Femme Architecte 2013, Designer of the Year 2013 a Maison&Objet, …) – è molto più attenta a cose concrete e reali. Ne sono testimonianza ad esempio la lunga attività didattica, che scorre intensa e parallela all’attività professionale, ma in qualche misura anche la sua fatica a contenere il suo impegno in campi predeterminati: così al tempo stesso è architetto, designer ma anche artista, mentre le sue creazioni sembrano esse stesse rifuggire da dogmi e standardizzazioni, così come la sua ricerca tutta.

Architetto e quindi fattrice per antonomasia, nel crocevia dei feedback creati dal suo lavoro è tesa al loro ascolto, per capire il vento che li ha condotti sin li, e per orientarlo nella prossima azione, nella prossima avventura urbana.

Ecco il nostro incontro con Odile Decq, nel suo studio nel quartiere di Marais, a Parigi.

Marco Aruga

Più informazioni:
Il sito dello Studio Odile Decq

Confluence – Istituto per l’innovazione e strategie creative in architettura

Il MACRO a Roma

Odile Decq per www.designboom.com

Odile Decq – Notte delle Idee 2020 – Università Roma Tre

Odile Decq — Time Space, Existence – Plane-Site