Fernando Corona in arte Murcof “Beat e Pathos” – Le interviste di SOUNDSCAPES

Per SOUNDSCAPES #51 – FILES  – a cura di Marco Aruga, Fernando Corona in arte Murcof “Beat e Pathos”

Ci piace incontrare persone dallo sguardo “ampio”, e Fernando Corona – in arte Murcof – non fa certo eccezione. Naviga nel grande mare della scena “elettronica”, consapevole delle opportunità legate ai mezzi che sceglie per esprimersi, ed è alla ricerca di una costante ridefinizione della sua ricerca artistica, più ancora che meramente musicale.

Fernando punta i confini di un territorio, e con passione vi si lancia dentro, cercando di esplorarlo al meglio delle sue possibilità: molte delle sue esperienze seguono questo filo conduttore, e la curiosità che ha mosso i suoi passi sinora lo ha condotto a produrre nuovi progetti che, in accordo con una sensibilità musicale di prim’ordine, sono risultati originali, freschi e produttivi.

Spesso si accompagna a figure che gli sono affini nello spirito, o che lo mettono alla prova, per ampliare il “panorama” generale offerto delle sue esperienze di carriera. Così lo troviamo con musicisti Jazz quali Erik Truffaz, con la pianista Vanessa Wagner, con ensemble di musica contemporanea come l’ensemble Mousique Nouvelles – diretto da Jean-Paul Dessy – od ancora artisti visuali quali AntiVJ.

Le numerose presenze contate nei maggiori festival mondiali di musica ed espressione digitale (Sonar, Mutek, Ars Futura, Sonic Acts, …) hanno contributo a cementare la fama di artista personale e consistente.

Ma il suo percorso – passato dai suoi alias Terrestre a Murcof, appunto – si è distinto per saper unire e far interagire rigorose architetture sonore, con rimandi alla tradizione classica, di volta in volta barocca, poi minimalista e in senso lato contemporanea, per poi evolversi sino a ricomprendere con continuità nelle sue attività progetti di esperienza multisensoriale, quali quelli legati alla videoarte e a colonne sonore per immagini e danza, facendolo piacevolmente scivolare verso atmosfere sempre più libere, con toni e accenti pieni di pathos, profondi ed emotivamente coinvolgenti, dove si intuisce che le immagini in particolare – e il correlativo processo sinestetico – costituiscono spunto creativo inedito e motivante, che il compositore si impegna a bilanciare al meglio.

Con le reingegnerizzazione dei suoni, analizzati e rielaborati nelle loro componenti di base, l’artista prova frequenti operazioni di sintesi, per mezzo di strumenti di sintesi, senza lasciarsi condizionare dai mezzi che usa, e senza porsi limiti. Nel pieno spirito riconoscibile negli spazi dai quali proviene, quelli del nord del Messico, che in qualche modo celebra e che sono per lui fonte di ispirazione.

Quello che segue è il resoconto del nostro incontro con Fernando Corona.

D.: La scena della musica elettronica sembra alquanto viva. Quali sono le tendenze più interessanti che vedi in atto?

R.: È una domanda difficile, perché è complesso mettere in evidenza delle linee di tendenza specifiche, ma stanno accadendo molte cose in questo momento, perché molti stili, molte cose sono state sperimentate in passato. La musica è stata portata ai suoi estremi, ed ora la tecnologia sta dando strumenti utili a tutti. Il fatto di fare musica è diventato molto accessibile, con solo un piccolo investimento, ed il possesso di un computer; la qual cosa ha aperto strade, ha reso democratico il processo di far musica nel mondo.

Così è molto interessante ascoltare la musica elettronica prodotta in tutte le parti del mondo, anche da nazioni che non erano conosciute per questo. E queste nazioni portano in evidenza sempre il loro background culturale e musicale, una grande fusione di stili differenti, di generi e di modi di approcciare l’atto creativo della musica.

È “oggi” – ma lo è stato anche l’oggi appena trascorso … – il momento più interessante per ascoltare e fare musica, se messo a paragone con il passato (e sarà così certamente anche per il prossimo futuro). Questo anche a causa degli strumenti di cui parlavamo, in grado di dar forma alla musica, disponibili in modo così semplice, che hanno aiutato molto a spingere più in là i confini della musica, e tutto quello che ha a che vedere con il suono, la composizione, il rumore, o in qualsiasi modo tu voglia chiamarlo … sound design.

D.: Strettamente a causa degli aspetti tecnologici, sembra che la ricerca artistica e musicale – per i musicisti che lavorano in campo elettronico – sia differente dal lavoro dei musicisti del passato anche per altri aspetti. Questo lavoro sembra da un lato più “intimo” e solitario, dall’altro più aperto alla collaborazione con il mondo intero. Com’è per te?

R.: Dipende dalle persone, dallo spirito di ognuno. Tutti gli utensili a nostra disposizione possono essere uno strumento di inclusione o di esclusione.

Certamente un pc è uno strumento molto versatile. Puoi starci di fronte e produrre da solo tutti gli aspetti del fare musica, dalla registrazione, alla composizione, al missare, al masterizzare, sino alla promozione ed alla performance live.

Puoi scegliere questa strada e startene “da solo”, ma puoi anche scegliere di comunicare con le altre persone in giro per il mondo, connettersi e fare collaborazioni tramite la rete, e poi eventualmente anche instaurare una relazione artistica fisica.

D.: Sembri curioso di esplorare le possibilità di mescolare la tua ispirazione musicale, con quella di musicisti che si caratterizzano con un forte e preciso carattere, ma legato ad altri generi. Quali sono gli aspetti più importanti di queste collaborazioni?

R.: Per me significa innanzitutto avere l’opportunità di ascoltare altri musicisti, ed essere in grado di stabilire un dialogo intimo e profondo con le parti coinvolte.

Con Erik Truffaz, ad esempio, è stata un’esperienza improntata alla libertà: Erik ha grandi capacità improvvisative, che mi hanno imposto di essere costantemente con le orecchie bene aperte, costringendomi anche a costruire il set dei miei strumenti in modo tale da poter interagire con gli eventi dell’improvvisazione in atto.

Con un ensemble come quello di Jean Paul Dessy – l’ensemble Mousique Nouvelles – è molto diverso: tutto pianificato, scritto, con molte prove. C’è sempre molto da ripetere: alcune volte debbo riprocessare il suono di altri strumenti acustici, e missarlo, ed unirlo. Può capitare di avere dieci sezioni di archi: è molto più tecnico, è un’esperienza molto differente. Ha sempre a che fare con la musica, con la libertà di espressione, ma c’è moltissima tecnica coinvolta.

D.: Alcuni dei tuoi progetti hanno precisi limiti e scopi (colonne sonore, un progetto audiovisivo per Versailles, …). Come affronti il lavoro all’interno della cornice funzionale di questi progetti? In particolare quando lavori con le immagini, qual è il tuo approccio?

R.: È effettivamente un approccio del tutto differente dal solito. Quando compongo per conto mio, è il suono stesso a dirmi dove andare. Quando lavoro per i film, certamente è l’immagine a dirmi se sono nel giusto o se sto sbagliando. In questo modo mi si prospettano anche dei nuovi modi di comporre, che altrimenti non proverei a sperimentare. Sono le immagini, infatti, a spingermi in una determinata direzione. Ritengo sia una situazione molto stimolante, se il film ovviamente è buono, e se mi sento in qualche modo in diretta connessione con le immagini.

Può essere molto premiante, ma può essere anche un vero incubo: quando ci sono il regista, il produttore, il supervisore musicale che offrono diverse opinioni sullo stesso tema, o che possono avere questi ignobili modi di chiedere “cose da mettere in musica” (“Abbiamo bisogno di più pum o bang… “).

La comunicazione può diventare molto difficile, ma se si ha invece un progetto in cui si può offrire una libera interpretazione, e si può sperimentare, allora in questo caso è molto eccitante lavorarci.

D.: Uno dei tuoi alias musicali è “Terrestre”, che è anche parte di un collettivo artistico chiamato Nortec, che coinvolge artisti visivi, grafici, musicisti. Ci puoi parlare di questo progetto e delle relazioni intercorse con questi altri artisti?

R.: L’esperienza di Nortec è iniziata intorno al 1999, ed è nata come esperienza per la ricerca di un nuovo sound, prendendo i suoni che si trovavano nel nostro ambiente più prossimo, come riferimento.

Da noi a Tijuana, nella strada principale, trovi da un lato i club che suonano techno, e dall’altro lato ristoranti dove suonano una versione spagnola di quella che puoi chiamare polka … così se stai in mezzo alla strada puoi sentire entrambe le musiche. Quello che abbiamo fatto è unire questi elementi, andando in studio e cercando di fonderli. C’è una grande ricchezza nelle fonti di ispirazione musicale acustica, o in strumenti come la tambora. C’è “sincopato”, in modo simile a quello che puoi trovare nella drum and bass …

È stato stimolante per noi lavorare con quel materiale, e vedere cosa se ne poteva trarre. È sempre bello “saltar dentro” qualcos’altro e trovare il modo di fare qualcos’altro di buono.

A questo progetto musicale, quasi naturalmente, si sono poi uniti artisti di altra ispirazione: artisti grafici – avevamo bisogno di copertine per i nostri demo – e poi artisti video, architetti, e writer, sino a diventare un collettivo artistico multidisciplinare. È cresciuto molto rapidamente, guadagnando attenzione in ogni parte del mondo. Da questo collettivo me ne sono andato qualche tempo fa, come altri artisti. È ora è un progetto molto solido, con due artisti che hanno focalizzato la loro attenzione sugli aspetti live del progetto – più che sul lato sperimentale -, accompagnati da musicisti che suonano dal vivo strumenti come una tuba, grandi tamburi, e vari strumenti a percussione.

Per me è stata una sorta di scuola, molto interessante, per molti aspetti, sia tecnici che musicali. Mi ha dato l’occasione di imparare molto anche dal versante del music business, ed anche perché è il modo con il quale ho cominciato a viaggiare e a vedere il mondo… .

 

LINK

https://www.facebook.com/murcof

https://murcofmusic.bandcamp.com/

http://www.theleaflabel.com/en/artists/view/24/Murcof

Murcof, Erik Truffaz & Talvin Singh – Montreux Live (2006)

https://www.youtube.com/watch?v=DtLVycxDJaw

Murcof / Edgar Amor – Festival Les Detours de Babel – Grenoble-Isere (2012)

https://www.facebook.com/watch/?v=1560272054131824

Vanessa Wagner & Murcof at La Carrière du Normandoux / Workshop InFiné (2013)

https://vimeo.com/84679361

Murcof, AntiVJ – Ravenna Festival – Musica e Visioni 3 – Weird Tales (2010)

https://www.youtube.com/watch?v=uFl4RBQ-lZQ

“Etna, A Portrait” Murcof​, Manu Ros – Trailer

https://www.youtube.com/watch?v=ZAanLxTmwYA

Prima Mater – http://www.lifeobservinglife.com

https://www.youtube.com/watch?v=ECpozT-jX0Q

https://www.youtube.com/watch?v=-Lqob_FIHeI#t=84

Nortec – Tijuana Sound Machine – “Akai 47” (Music Video)

https://www.youtube.com/watch?v=ToA10mNrmuI

Nortec Collective – Bostich + Fussible – Inauguración Juegos Panamericanos (2011)

https://www.youtube.com/watch?v=E4XY2ct7CjM

 

Per altri servizi, interviste e videointerviste di Marco Aruga, potete inserire la parola chiave “aruga” nella pagina di ricerca [search] in altro a destra, o visitare le playlist di Artscapes [https://youtube.com/playlist?list=PLTex8wGlfxcLgjt3fRa-vdEbDUvMvK5PO] e Soundscapes [https://youtube.com/playlist?list=PLTex8wGlfxcLke0GI1NJ1Ke9I9EJbgVT2] nella pagina di Youtube dedicata a ContemporaryArt Torino Piemonte [https://www.youtube.com/user/BlogContemporary]