Le video-interviste di ARTSCAPES: DOCUMENTA15: Occupy Kassel, nel segno del “Lumbung” e Carolyn Christov-Bakargiev che ricorda DOCUMENTA(13) nel 2012 a Kassel, da lei diretta

Visitors walk at the documenta hall during the press preview of the documenta 15, the world's most significant exhibition of contemporary art, in Kassel, Germany, Wednesday, June 15, 2022. This years documentary is curated by Indonesian artist collective Ruangrupa, every documenta is limited to 100 days of exhibition and takes place every 5 years. (AP Photo/Martin Meissner)

Per ARTSCAPES#59 – FILES – a cura di Marco Aruga, DOCUMENTA15: Occupy Kassel, nel segno del “Lumbung”

Dilazionare gli appuntamenti periodici di un evento lo rende certo più atteso. Ma Documenta ha acquisito sul campo gli onori e gli oneri connessi ai galloni di mostra d’arte contemporanea di riferimento – con la Biennale di Venezia – per la scena mondiale.

La scansione – il lustro – che questa manifestazione ha quasi sempre rispettato è un tempo che confligge con l’accelerazione e l’infittirsi delle occasioni che si registrano nel mondo in questo settore, ma proprio questo “respiro” più ampio permette alla rassegna di Kassel – insieme al crescente successo di pubblico, e a edizioni curate da prestigiose personalità – di distinguersi, spiccare e spesso suonare all’unisono con un qualche “spirito del tempo”, catturato con sapienza e lungimiranza.

Pur segnata dalle note vicissitudini mondiali intercorse, e da forti polemiche, anche l’edizione di quest’anno non passerà certo inosservata, innanzitutto per il forte segno impresso – pensiamo persino con una certa rigidità, sino a confonderlo con un “format” – da Ruangrupa, il gruppo di artisti indonesiani chiamati alla curatela di Documenta #15.

L’intento programmatico – che, di per sé, seppur particolarmente vasto, non si può immaginare “enciclopedico” – è stato quello di proporre i risultati di pratiche artistiche in qualche misura comunitarie che, provenendo da disparate e talvolta neglette parti del mondo, potessero costituire un “unicum” rapsodico, e fare luce su alcune questioni chiave della contemporaneità.

Il tutto sotto l’ombrello del nome di “lumbung”, il nome del luogo fisico di raccolta del surplus produttivo della coltivazione di riso, preludio ad una successiva condivisione nella comunità, e quindi sinonimo di solidarietà e condivisione. Un modello applicato nella stessa Documenta, ove il budget è stato distribuito tra i partecipanti, e dove il processo di scelta degli stessi è risultato diffuso.

Sono stati quindi principalmente i collettivi artistici a dispiegare nelle varie sedi, dalle più istituzionali (Fridericianum, Otteneum, Documenta Halle, tutte prospicienti la vastissima piazza centrale di Kassel, Friedrichsplatz) alle più defilate, i loro lavori, quanto mai diseguali: talvolta intriganti, talvolta disorientanti, talora persino ingenui, talora di difficile lettura, da considerare alla luce di attività che sono comunemente riconosciute come artistiche, od altre non riconoscibili comunemente come tali. Non tutta l’arte, lo sappiamo, deve essere ricondotta alle nozioni di rappresentazione pura, di metafora, di richiamo ideale, di esplorazione concettuale. Si può scivolare però verso la mera “testimonianza di azione”, o ottenere esiti leggibili come puramente documentaristici, e spesso le domande che nascono davanti ad alcune opere di Documenta non trovavano risposte.

Il bombardamento visivo che i visitatori sentivano – come accade del resto in eventi consimili – registrava qui alti e bassi: in workshop/work in progress/”magazzini esperienziali”/sedi di confronto in tempo reale o differito, nelle sedi “storiche” principalmente, nella festosa confusione di sedi “multipurpose” (quale il Bootsverlei Ahoi), nella traccia forte di inquietudini nascoste e manifeste (la parte sotterranea di WH22, o le sculture di Ghetto Biennale di Haiti, presenti nella chiesa di St. Kunegundis – “contraltare” ideale dell’installazione “Poem of Pearls” nella chiesa di St. Elisabeth, sede di dialoghi e confronti, nella navata svuotata e coperta di erba sintetica), negli allestimenti icastici del grandissimo parco di Karlsaue, nel bric-a-brac di allestimenti D.I.Y. (un po’ ovunque), in affollate e variegate mostre di opere in sedi industriali dismesse, nelle “interpunzioni” vignettistiche ubique di Dan Perjovschi, che con ironia e lucidità intratteneva un colloquio con l’attualità. Un affollamento di proposte, che si placava con la programmata presenza di spazi dedicati al riposo, utili a raccogliere le idee, e che talvolta erano – o si mescolavano con – installazioni ed opere.

Riconoscendo alla storica Documenta un ambizione universalista, e talora intenzioni antagoniste rispetto al mainstream culturale, entrambe manifestatesi nel corso di alcune edizioni della manifestazione, che hanno in qualche misura combattuto con la grandezza della rassegna, e l’impegno di risorse movimentate ad hoc, l’evidente temporaneità e fragilità di alcune presenze di Documenta 15, e certo “spontaneismo” che sembra non colpire in profondità, induce a pensare che il lascito principale di questa edizione sarà appunto – come approfondito già nel corso della rassegna – nella diffusione del “metodo” (che, seppur non originale, risulta ora marginale e quindi valorizzabile), nell’insistita ricerca della collaborazione e della condivisione, tale da poter permeare l’azione creativa in campo artistico, in talune esperienze, e, senza soluzione di continuità, in campi contigui ed originariamente concorrenti: uno dei modi possibili per affrontare costruttivamente temi controversi ed attuali (che ci attendiamo che sia l’arte a mettere in evidenza se non addirittura a dipanare), quali le numerose diseguaglianze e le pesanti e crescenti contraddizioni contemporanee, lasciando intravedere nel frattempo alternative a “meccanismi industriali”, esclusivisti, regolati e brandizzati di certa arte contemporanea, riscattandola in parte da un destino meramente economicistico.

Le frizioni e le ferite aperte – esposte e non sanate, amplificate e non ideologizzate – hanno creato anche situazioni difficili (le polemiche sul filo dell’antisemitismo e dell’anti islamismo, e le loro conseguenze: censure, omissioni, dimissioni, …), ma non sembrano aver cancellato il valore di alcune proposte, nel segno dell’affermazione delle diversità, dell’orgoglio culturale e identitario – declinato non certo in modo escludente e conflittuale, come avviene spesso – , del riscatto, della solidarietà, del valore dell’azione dal significato politico, con le urgenze ecologiche da rispettare: sembrano essere cose di cui il mondo occidentale possa avere un gran bisogno nel prossimo futuro.

Oggi martedì 13 dicembre presso le Gallerie D’Italia di Torino, per  i “Lunch Talks @ GDI – Torino / Parlare d’Arte. Grandi artisti, grandi mostre, grandi temi” [https://gallerieditalia.com/it/torino/mostre-e-iniziative/mostre/2022/11/15/lunch-talks-parlare-d-arte/], è stata ospite Carolyn Christov-Bakargiev che ha ricordato DOCUMENTA(13) nel 2012 a Kassel, da lei diretta.

 

Nella nostra video-intervista la Direttrice del Museo di Arte Contemporanea del Castello di Rivoli racconta dell’edizione 2012, delle sue impressioni su Documenta 15, e del futuro della manifestazione.

LINK

Il sito di Documenta

https://www.documenta.de/

Il sito di Documenta 15

https://documenta-fifteen.de

Arte e attivismo: il caso di Documenta 15 – Arte TV

https://www.arte.tv/it/videos/105617-006-A/twist/

documenta 15 fifteen – First Opening Day 18th June 2022: Walkaround Impressions

https://www.youtube.com/watch?v=q073C-NAdFE

Per altri servizi, interviste e videointerviste di Marco Aruga, potete inserire la parola chiave “aruga” nella pagina di ricerca [search] in altro a destra, o visitare le playlist di Artscapes [https://youtube.com/playlist?list=PLTex8wGlfxcLgjt3fRa-vdEbDUvMvK5PO] e Soundscapes [https://youtube.com/playlist?list=PLTex8wGlfxcLke0GI1NJ1Ke9I9EJbgVT2] nella pagina di Youtube dedicata a ContemporaryArt Torino Piemonte [https://www.youtube.com/user/BlogContemporary]