Per ARTSCAPES l’intervista al grande architetto giapponese Shigeru Ban

Per ARTSCAPES # 48 – FILES – a cura di Marco Aruga, Shigeru Ban “La casa di carta”

Insignito nel 2014 del premio probabilmente più ambito in architettura, quel “Pritzker Architecture Prize” che viene assimilato al Nobel per prestigio (e paradossalmente seguito, nel 2019, da Arata Isozaki, di cui fu allievo), Shigeru Ban, al di là della consacrazione connessa al premio, è architetto che ne incarna al meglio lo spirito e la mission, che onora un “significativo contributo all‘umanità”, da parte di professionisti che combinano “talento, visione ed impegno”.

Ebbene Ban ha certamente caratterizzato il suo lavoro — di cui si è sempre domandato il “senso” — con una particolare attenzione a chi si è trovato in condizioni di bisogno, dovute ad eventi naturali, quali i terremoti, per esempio. Un impegno durato nel tempo, nel corso del quale ha saputo applicare conoscenze specifiche e soluzioni originali, risultate preziose in ogni parte del mondo.

Il Giappone in modo speciale soffre di questi fenomeni, ed è da lì, nel 1995 a Kobe, che è iniziata la presenza dell’architetto giapponese a fianco dei rifugiati, e degli architetti locali vincolati a prestare soccorso e organizzare risposte pronte, economiche e razionali alle esigenze abitative immediate.

I materiali “poveri”, elementi chiave di queste soluzioni, sono la carta e il cartone innanzitutto (di cui ha valorizzato proprietà sottostimate), ma anche il bambù, od altri materiali — spesso di recupero, reperiti in loco o comunque a basso prezzo — che potessero essere utili allo scopo. Così rifugi, tensostrutture ad uso abitativo e comunitario sorgono a conforto di persone segnate da eventi drammatici, cercando di preservare, nel modo più proprio possibile, il senso di intimità delle varie famiglie, e sostenendo quello di comunità.

Se questo è il punto che ha dato notorietà a Shigeru Ban, non meno interessanti sono i contributi che l’architetto ha dato ad esigenze costruttive più tradizionali. La ricerca di sostenibilità ed economicità è costante nel lavoro di Ban: attenzione puntata al ciclo di vita degli edifici, quasi insospettatamente durevoli quando nati “transitori”, ed “equilibrati” ed attenti nell’utilizzo delle risorse (con l’uso del legno, per esempio, se ne valorizzano sia le potenzialità strutturali, che la sua natura di materia viva e “riconvertibile”) quando destinati a durare nel tempo.

Un tocco leggero, consapevole ed intelligente quindi, è la firma di Shigeru Ban, che — per sequenzialità tra impegno sociale, logica economica e sensibilità immaginativa — si trova ad essere uno degli architetti contemporanei il cui lavoro e le cui intuizioni possono lasciare più segni negli anni a venire.

Shigeru Ban è stato ospite della Milano Arch Week 2019, alla Triennale di Milano, con una lectio, introdotta da Stefano Boeri, ed un confronto di domande e risposte, di cui vi presentiamo qualche estratto.

Ero insoddisfatto della mia professione di architetto. Sapevo che molti di noi non lavoravano per la società, ma per persone privilegiate, che avevano denaro e potere, costruendo edifici monumentali, per mostrare tale denaro e potere al pubblico. Pensavo dovessimo lavorare anche per il pubblico in generale, ed in particolare per le persone che avevano perso le loro case in conseguenza di disastri naturali.

Che non sono poi “naturali” in senso stretto, ma sono prodotti dall’uomo. Per esempio: il terremoto in sé non uccide persone, sono gli edifici che collassano a farlo. Ė quindi una nostra responsabilità, come architetti.

Dovevamo migliorare le condizioni di vita di chi viveva in condizioni disagiate, nelle strutture dedicate all’evacuazione, e nelle residenze temporanee. Questo è il motivo per il quale ho iniziato a lavorare in questo campo.

Penso che le questioni maggiori debbano essere affrontate dai governi, o dall’Organizzazione delle Nazioni Unite; io mi rivolgo alle piccole comunità, che hanno i loro specifici problemi da risolvere. Sono molto interessato a lavorare con gruppi di studenti locali, per costruire con loro dei rifugi, con i materiali localmente reperibili. Ritengo inoltre che siano gli architetti locali a dover provvedere ai progetti legati alla ricostruzione.”

Dopo gli studi negli Stati Uniti tornai a Tokyo per iniziare il mio praticantato. Iniziai nel settore del design, con il progetto di una mostra dedicata al mio architetto preferito, il finlandese Alvar Aalto. Non avevo abbastanza risorse per usare il materiale naturale che Aalto usava, il legno, ed anche non volevo sprecare un materiale così prezioso per una esposizione temporanea.

Andai alla ricerca di un materiale alternativo per rimpiazzare il legno, e trovai tubi di carta, dalla carta riciclata, che era ovunque nel mio studio. Venti, trenta anni fa venivano usati con la carta da fax, o con la carta da lucido. Odiavo buttare via le cose, così li conservai.

Vidi che era un buon materiale per sostituire il legno, e sapevo che potevamo utilizzarli in qualsiasi lunghezza, qualsiasi diametro, in modo economico. La forza del materiale che avevo scelto era superiore di quella che mi attendevo.

Iniziai a provare ad utilizzare questi materiali per costruire delle strutture, progettando anche un padiglione espositivo temporaneo. Ma fu difficile ottenere un permesso dalle autorità governative, perché si trattava di un materiale inusuale (tubi di carta per una struttura principale). Così la usai per le pareti interne, che si tenevano su da sole, mentre l’acciaio veniva usato per la struttura, per esempio per il soffitto.

Progettai la mia casa per il week end, anche se non sono la persona che si diverte nel week end, perché non ne faccio… Ma non avevo clienti che mi chiedessero di costruire una casa di carta, così dovetti farmela da solo. Dovetti fare molti test, ed ottenere i permessi, per questa prima casa fatta di carta come elemento strutturale. Fu costruita nel 1995, la casa è ancora vuota, perché continuo a non fare week end, e non è usata, ma è ancora là, in piedi.

Poi nel 2000 fui incaricato di progettare il padiglione giapponese per l’Expo di Hannover. Quando incominciai a progettare strutture di carta, nessuno era interessato alla sostenibilità, all’ecologia. Il tema principale dell’Expo era l’ambiente, in tutto il mondo le persone iniziavano a parlare della questione, del riciclo, etc., ma le strutture temporanee costruite per l’Expo non erano particolarmente “amiche dell’ambiente”. Dovevano essere costruite e poi smantellate, creando molti rifiuti industriali. Normalmente il compito, il focus della progettazione era sulla costruzione, ma la mia attenzione era posta sul suo smantellamento.”

Ci sono dei preconcetti sulla carta. Si trova della carta da parati con alta resistenza agli incendi, noi beviamo il succo d’arancia da bicchieri di carta… La carta è un materiale industriale. Possiamo trattarla molto facilmente contro l’acqua e gli incendi. Inoltre i tubi di carta sono usati per la costruzione di colonne di cemento. Come elemento standard di costruzione, poi, sono già sufficientemente forti, e a prova di acqua. Trattare la carta, inoltre, è molto facile. Non con la plastica, ma con un adeguato processo di impermeabilizzazione.”

Link

Il sito di Shigeru Ban Architects

http://www.shigerubanarchitects.com/

Emergency shelters made from paper: Shigeru Ban at TEDxTokyo

https://youtu.be/IjHlyKT_Uug

Shigeru Ban, 2014 Pritzker Prize-winning architect at Cities for Tomorrow 2014

https://youtu.be/idzSbewSXoY

Paper Architecture | Shigeru Ban

https://www.youtube.com/watch?v=4868IrgVYXQ

 

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