SOUNDSCAPES propone un’intervista a Carlo Boccadoro, esploratore della musica senza confini

Torino in questi giorni è Capitale del Jazz, grazie al Torino Jazz Festival che si svolge dall’11 al 19 giugno. Il Jazz è musica libera da costrizioni, in continua esplorazione. Contemporaryart e la rubrica Soundscapes propongono oggi un’intervista con il compositore e direttore d’orchestra Carlo Boccadoro, il cui approccio libero alla musica può essere certamente accostato allo spirito del Jazz. Lo stesso autore ha tra l’altro formazione jazzistica, avendo studiato con Giorgio Gaslini tecnica dell’improvvisazione. Uno dei modi di esplorare i numerosi “Sentieri Selvaggi” della musica tutta (dal nome dell’ensemble che ha creato con Angelo Miotto e Filippo Del Corno).

Per SOUNDSCAPES #43 – FILES – ROAD TO TORINO JAZZ FESTIVAL – a cura di Marco Aruga, Carlo Boccadoro – Sentieri selvaggi del contemporaneo

Le terre di frontiera hanno spesso sentieri impervi, selvaggi, che le mettono in collegamento. Deve aver pensato a questo Carlo Boccadoro, quando ha formato — insieme a Filippo Del Corno e Angelo Miotto — l’ensemble che porta proprio questo nome, “Sentieri Selvaggi”.

Un’esperienza musicale che ha unito musicisti pronti a presidiare quelle “terre” della musica contemporanea che risultano spesso sguarnite, se non governate con l’intenzione di renderle sempre di più patrimonio comune, ed universale. Ne sono testimonianza, per il lavoro di questo ensemble, le presentazioni che accompagnano le esecuzioni, ma anche la stretta sinergia, e diretta, con alcuni tra i più importanti compositori internazionali, così come lo sguardo aperto nelle collaborazioni, che trascurano distinzioni di genere e spesso di disciplina artistica, allargando allo stesso tempo il numero dei luoghi deputati ad accogliere la musica, “fuori dagli schemi”.

La “residenza artistica” di questo gruppo al Teatro Elfo Puccini ha caratterizzato, sin dal 2009, il capoluogo lombardo come avamposto di diffusione di questi linguaggi. Le stagioni musicali che si sono succedute hanno consolidato l’attenzione del pubblico su una serie di autori contemporanei sottorappresentati dalla programmazione concertistica più convenzionale, ampliando anche ultimamente la visione al passato più recente, dell’ultimo secolo, per connettere adeguatamente le nuove proposte alle loro radici musicali più immediate.

Lo stesso Boccadoro poi, da musicologo, critico e divulgatore, è scrittore di numerose opere letterarie che riverberano questo spirito. Da autore il musicista — originario di Macerata — ha dato testimonianza di questo sguardo aperto, formandosi in modo ortodosso, diremmo, e diplomandosi in pianoforte e percussioni, ma studiando anche a fianco di Giorgio Gaslini improvvisazione jazz. Lo spettro del suo lavoro musicale va da scritture per grandi e piccoli ensemble al lavoro legato alle arti performative, e gli ha consentito di divenire una delle figure di compositore di riferimento della scena italiana.

Alla ricerca — quindi — dell’altro dal “déjà écouté”, con vigore e passione.

Stante la sua attività di scrittore, è proprio nel corso di un Salone del Libro di Torino che lo abbiamo incontrato.

D.: Hai avuto una formazione musicale ortodossa, classica. Allo stesso modo hai studiato il Jazz e l’improvvisazione. Quanto dell’una e dell’altra esperienza governano le tue attuali passioni musicali?

R.: Direi entrambe. Perché io faccio musica scritta, non suono jazz, non sono un jazzista, ma studio il jazz. Poi è entrato nelle mie composizioni, che hanno spesso influenze marcatamente jazzistiche. Ad esempio come il concerto per pianoforte ed orchestra, un pezzo molto jazzistico. Il jazz è entrato più nello stile musicale, la classica… sono più i ferri del mestiere, insomma.

D.: Sentieri Selvaggi è l’ensemble che hai contribuito a formare? Quali sono le caratteristiche di quel progetto?

R.: Sono tutti musicisti formidabili, di un livello che – ritengo personalmente – ha pochi paragoni in Europa. Sono tutti molto versatili, molto flessibili, ognuno di loro fa altre musiche oltre alla classica contemporanea. Hanno un entusiasmo, una voglia di “fare la cosa giusta”, che raramente si trovano in questo ambiente. Siamo poi grandi amici da sempre, quindi è fantastico lavorare con loro.

D.: Probabilmente non esiste musica difficile, ma forse solo orecchie abituate ad ascoltare sempre le solite cose. Cosa ne pensi? Ci sono modi per educarsi ad aprire le nostre orecchie ad accogliere nuovi suoni?

R.: E un po’ come decidere di smettere di fumare: fino a quando uno non è convinto, non lo farà mai. Quindi uno può dire quello che vuole, ma fino a quando non ci si convince ad “aprire la testa” ed ascoltare cose poco familiari, non lo farà mai. Non possiamo sempre dare la colpa all’industria, al consumismo… Tutto questo contribuisce: se io sono in un ambiente che non è salutare, che non mi porta verso questo, sono ancora meno invogliato a farlo. Però se non lo sono di mio, anche se fossimo ad un festival quando suoni concerti gratis, la gente se non ha voglia, non ci viene. È una questione proprio individuale, di intelligenza e di sensibilità individuale. Uno deve decidere di ascoltare musica diversa, se non lo fa… è come le diete!

D.: Quali sono le sfide, le difficoltà di un compositore contemporaneo? Sono personali? Derivano dall’esterno?

R.: Entrambe. Nel senso che le difficoltà te le crei tu se vuoi lavorare su un linguaggio, è un lavoro molto faticoso. Se invece ti accontenti di ripetere dei cliché, che siano o dei cliché di avanguardia, o dei cliché “populisti” per aver successo, ripeti sempre dei cliché… Se invece provi a cercare qualcosa è una faticaccia. Il problema il compositore se li crea da sé. E poi il problema è che siamo in un ambiente sempre meno abituato e sempre meno ben disposto nei confronti della cultura in generale, non verso la musica contemporanea. Quindi man mano che si restringono gli spazi per la cultura, ovviamente si restringono gli spazi per la musica e per il nostro lavoro. Purtroppo i tempi sono quelli che sono e, ahimè, ritengo purtroppo che saranno ancora peggio.

D.: Quali sono i valori della musica attuale, contemporanea? È un linguaggio di testimonianza, di comunicazione, …?

R.: Sono i valori della musica di sempre. I valori della musica del ‘200 ha i valori della musica di adesso. Di portare bellezza, di portare cibo per la mente, di incuriosire, anche di “scuotere”, non mai di consolare, o di fare un massaggio alle orecchie. Quello è un tipo di musica di “sottofondo deteriore”. Ma la musica è veramente come la “spada nel ghiaccio” di Kafka, deve lasciarti un segno dentro.

Link

Carlo Boccadoro – Soul Brother n° 1 [Sentieri selvaggi]

https://www.youtube.com/watch?v=pkn5vafFnP8

Filippo Del Corno – Musica Profana [Sentieri selvaggi, Paesaggio 2]

https://www.youtube.com/watch?v=uEg0WQzDKv4

Guillaume de Machaut – Le Remède de Fortune [Sentieri selvaggi]

https://www.youtube.com/watch?v=-AWprZxpDLQ

Carlo Boccadoro racconta Sentieri selvaggi

https://www.youtube.com/watch?time_continue=6&v=nNrGjwr76CQ

 

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