Videointervista a Darran Anderson, “Domande per il futuro, interrogando il passato”

ARTSCAPES #14, Darran Anderson, “Domande per il futuro, interrogando il passato”, video-intervista a cura di Marco Aruga.

Video-intervista a cura di Marco Aruga.

In una recente intervista rilasciata a Kavi Guppta per Forbes, lo scrittore nord irlandese Darran Anderson – di stanza a Londra, ma “viaggiatore seriale” – snocciola così le domande che ci si dovrebbe fare ogniqualvolta un significativo progresso tecnologico si affacci sul mondo, fatto che richiede che il progresso in altri campi – politici e socioeconomici – tenga adeguatamente il passo. “Chi ne beneficia, e chi ne fa le spese? Quali sono i suoi effetti collaterali? Chi ne è escluso, perché e dove? E, quando viene proposto un luminoso futuro, che cosa viene venduto in realtà?”

Anderson è un instancabile indagatore dei futuri “passati” – di come architetti, urbanisti e visionari hanno immaginato il futuro -, e dei trend più significativi delle “città del futuro” – e quindi delle società -, i cui segni però sono in gran parte già visibili, a saper indagare e guardarci intorno con curiosità e sguardo privo di preconcetti.

La visione critica di cui si scriveva è il nerbo portante della capacità di adattamento che debbono dimostrare le nostre comunità, indice di vivacità intellettuale e di elaborazione, ma conditio sine qua non per aspirare a costruire con le proprie mani i giorni a venire, e non subire i venti del cambiamento, che spirano forte da ogni direzione.

Le correnti più in vista, il composito immaginario fantascientifico – più spesso orientato alla distopia, che raccoglie e fa esplodere molte delle nostre paure di oggi – corrono e si manifestano spesso sulle visioni più superficiali del possibile ambiente che ci accoglierà.
Ma l’accelerazione spinta impressa al cambiamento determinata dalla tecnica ci porta verso scenari che proporranno – tra l’altro – realtà multiple su cui intervenire, sovrapposte od alternative rispetto alla realtà fattuale, interazioni sempre più strette tra informazioni, supporti che le veicolano e chi ne usufruisce, ed altre inaspettate variabili, suggerisce invece che le mutazioni saranno molto profonde, senza che la necessaria elaborazione culturale ci abbia fornito nel frattempo strumenti per far fronte in modo consapevole a questa metamorfosi.

Difficile pensare che tutto questo non influenzerà in modo decisivo il nostro ambiente, amplificando lo sconcerto diffuso, mentre sono numerose le implicazioni di questa attesa distonia tra cultura e reale.

Per contenere i riflessi di questa cangiante creatura vivente – il mondo intorno – Anderson sembra proporre di appropriarci del mito, della tensione ideale, di un orientamento verso opportune utopie – certamente lontano dalle traiettorie che vengono imposte dalle ciniche tecnocrazie che si autoalimentano, segnate da feroci contraddizioni –. Alimentarsi di ciò, quindi, che ha sempre nutrito l’empito che ha condotto realmente le nostre storie verso un inedito altrove, e partecipare a questo percorso fertilizzando anche quelle fessure scomposte che le nostre città creano, quelle fratture dove – magari dopo conflitti arginati – nascono voci ed ispirazioni nuove.

Questo anche guardandosi indietro, a cosa si era immaginato per il nostro presente. A tutte le ingenuità, discrasie, salti nel vuoto che hanno caratterizzato quei patrimoni ideali, ma anche ai semi lanciati e che hanno poi attecchito, lasciando buoni frutti. Qualcosa è diventato reale, solo perché lo si è immaginato.

Link

Il sito di Darran Anderson

Il sito di Torinostratosferica e Utopian hours

Il sito di Torino Design of the City